L’Acqua non si vende

L’acqua oltre ad essere un bene di primaria necessità ha anche una valenza profondamente sociale, privatizzarla significa dare in mano a pochi un "bene comune"  che è elemento stesso della vita.
 
Questo ”Bene Comune” è proprietà di tutti, uomo o donna che sia, appartenente a qualsiasi ceto sociale, a qualsiasi razza e religione, a qualsiasi fede politica. 

Perciò “L’acqua non  si vende", deve essere pubblica perché  solo l’intera comunità e non quattro privati, o qualche multinazionale, può garantire che essa possa essere disponibile per tutti.

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La nostra Associazione aderisce alla Campagna Referendaria "l’Acqua non si vende"  che si batte perchè l’acqua ritorni pubblica, non sia più una merce con la quale fare profitti.

Di seguito i quesiti referendari:

PRIMO QUESITO: fermare la  privatizzazione dell’acqua. Si chiede di abrogare l’art. 23 bis della legge 133/2008. L’ultima normativa in materia approvata dal Governo Berlusconi, che ha segnato un’accelerazione del processo di privatizzazione. Stabilisce come modalità ordinaria di gestione l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o affidamento a società miste con socio privato almeno al 40%.

SECONDO QUESITO: aprire la strada alla ripubblicizzazione. Si chiede di abrogare l’art. 150 del decreto 152/2006 che stabilisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico la gara o la Gestione attraverso SpA a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico.

 TERZO QUESITO: eliminare i profitti dal bene comune acqua. Si chiede di abrogare l’art. 154 del decreto 152/2006 che dispone che le tariffe del servizio siano determinate tenendo conto della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

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